09.12.2018 – Pubblicato su IlSussidiario.net
Sempre più aziende cambiano modello economico. Per essere SB bisogna aggiungere “consapevolmente” nello statuto il perseguimento di uno o più scopi di beneficio comune
Cresce il numero delle imprese che hanno deciso di affrontare un cambiamento radicale del proprio business model. È ciò che è emerso durante l’evento organizzato, a novembre, a Bologna dal Movimento BCorp, il cui obiettivo è quello di diffondere un paradigma innovativo di business che consenta di creare un impatto positivo sociale e ambientale. Tale movimento è stato creato dall’organizzazione non profit B Lab, che opera dal 2006 negli Stati Uniti per diffondere la consapevolezza che si può utilizzare il proprio business come “forza per il bene comune”.
Oggigiorno sono evidenti, anche dall’atmosfera che si respirava durante l’evento, i segnali di un cambiamento che sta rivoluzionando il mondo economico. Oggi più che mai è urgente cambiare il modello economico tradizionale puntando a diventare imprese sempre più sostenibili, cioè capaci di coniugare il business con l’attenzione all’ambiente e al sociale, creare valore condiviso, coinvolgere gli stakeholder, collaborare al raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile, i cosiddetti SDGs previsti dall’Agenda 2030 dell’Onu.
Etica del business e governance, impegno sociale e ambientale sono le nuove parole-chiave del fare impresa: l’obiettivo è quello di rigenerare la società attraverso il business, quindi senza rinunciare al profitto, ma creando, anche con la propria attività economica, un impatto positivo su persone e ambiente. Non si può più pensare di produrre senza avere consapevolezza degli effetti che si producono sulle persone e sull’ambiente.
Le imprese sostenibili risultano essere più innovative, virtuose e capaci di competere. Oggi la richiesta di sostenibilità parte da molti dei clienti delle imprese, soprattutto esteri e del Nord Europa, che esigono dai fornitori prodotti e servizi sempre più vicini all’eco-sostenibilità e ciò diventa un fattore competitivo; essendo sempre più richiesti rispetto a quelli “tradizionali”, tali prodotti e servizi si possono vendere a prezzi più alti, perché i consumatori, consapevoli della responsabilità sociale delle imprese, sono portati ad accettare prezzi più alti. Essere imprese sostenibili significa essere in un sistema economico in cui vige la logica win-win: ci guadagnano l’ambiente, il territorio e le comunità; ci guadagnano i clienti e ci guadagnano anche i fornitori.
Il decision making process oggi si deve basare sul principio della centralità della persona per concepire uno sviluppo che vada al di là dell’abusato modello della crescita: investire in un sistema che permette di accrescere il Pil di un Paese senza migliorare le condizioni di esistenza di persone e ambiente non è più sostenibile.
C’è pertanto un ritorno all’economia civile, così come sostenuto dal professor Zamagni dell’Università di Bologna, ovvero a quel modello di sviluppo inclusivo, partecipato e collaborativo che parte dal basso e che rappresenta una valida risposta alle crisi ancora attuali. E si può citare una frase a chiusura del libro “Nessun uomo è un’isola” dello scrittore americano Thomas Merton, “Il tempo galoppa, la vita ci sfugge fra le mani, ma ci può sfuggire come sabbia oppure come semente”; ha concluso così il suo intervento all’evento del movimento B-Corp il professor Zamagni: “A noi la scelta, sapendo che la sabbia quando cade al suolo non genera nulla; se invece ci sfugge come semente, produce sempre frutto. Tanto o poco, presto o tardi, a seconda delle circostanze”.
Negli ultimi anni si parla anche di impact investing. Il settore della finanza, infatti, sembra interessarsi alle imprese a elevato impatto sociale e ambientale, misurabile e compatibile con un rendimento economico, il cui obiettivo è quello di creare strumenti e prodotti per reperire fondi, ma anche di qualificare e remunerare le imprese più meritevoli con l’obiettivo di avvicinare l’economia reale alla finanza. Recentemente Laurence Fink, presidente di BlackRock, la più grande società di investimento al mondo, ha dichiarato che “per prosperare nel tempo ogni società non si deve limitare a ottenere risultati sul piano finanziario, ma deve anche dimostrare di dare un contributo positivo alla società”.
Inoltre, da una recente ricerca “Donne e finanza sostenibile” condotta da Doxa, emerge una maggiore consapevolezza e propensione all’investimento sostenibile da parte delle donne italiane: le donne si mostrano più sensibili degli uomini ai temi della sostenibilità quando compiono le proprie scelte d’investimento, soprattutto rispetto alle questioni della sfera sociale che le riguardano direttamente. Infatti il 73% degli intervistati ritiene che i temi ambientali, sociali e di governance siano importanti nel mondo della finanza: tra le risparmiatrici la percentuale raggiunge il 77%, l’8% in più degli uomini.
Anche i Millennials sono sensibili alle tematiche della sostenibilità in termini di consumi e di investimenti. E’ ciò che è emerso dalla ricerca “Finanza sostenibile e giovani: cosa c’è oltre il profitto?”, condotta da Sda Bocconi e Sustainability Lab per Banca Generali, presentata al recente Salone Sri.
Il cambiamento delle imprese e del loro modo di fare business viene quindi richiesto dagli stessi consumatori che, ormai, sono sempre più consapevoli di premiare con le loro scelte le imprese più virtuose e sostenibili, che con le loro attività economiche impattano positivamente sulle comunità locali e sull’ambiente in cui operano. Le organizzazioni che possono misurare l’impatto sociale creato sul territorio in cui operano possono essere non solo le organizzazioni non profit e sociali, ma anche le organizzazioni orientate al profitto.
Uno dei nuovi modelli di business applicabili in grado di rispondere ai nuovi bisogni dell’economia reale e della società e contribuire così al raggiungimento degli SDGs, è quello delle cosiddette Società Benefit (SB), un nuovo status di enti for profit introdotte in Italia con la legge di Stabilità 2016, sulla scia dell’esperienza americana. L’Italia è il primo Paese in Europa a dotarsi di uno strumento normativo nel settore. Negli ultimi due anni si è avuto un incremento di questa nuova tipologia di imprese; oggi le SB sono circa 168, il 46% si concentra in Lombardia e la maggior parte opera nei servizi e nella consulenza (fonte Altis).
La società benefit è dunque uno strumento previsto dall’ordinamento giuridico italiano, che consente all’impresa, oltre a massimizzare il profitto, di raggiungere anche uno scopo di beneficio comune così come fissato nel proprio statuto. Si tratta di un modello innovativo di fare impresa, che va a integrare con la strategia di business la sostenibilità sociale e ambientale, ma anche economica, da perseguire nel lungo termine. L’obiettivo è che il for benefit e la sostenibilità non siano più un’alternativa, ma un nuovo modello di fare business, e la SB si pone come nuovo paradigma imprenditoriale che coinvolge i legami invisibili tra impresa, persone e territorio. È necessario far evolvere questi modelli innovativi di fare business, perché solo con la condivisione di prosperità nel lungo termine si può auspicare un futuro migliore per le generazioni future.
Con questo strumento il management orientato alla sostenibilità ha la garanzia di poter bilanciare l’interesse dei soci a massimizzare il profitto con quello degli altri portatori di interessi, quali dipendenti, fornitori, clienti, Pubblica amministrazione, comunità locale in cui si opera, di tutte le categorie che possano essere impattate dall’attività aziendale. Il “beneficio comune” è da intendersi come “il perseguimento di uno o più effetti positivi, o la riduzione di effetti negativi, che l’attività aziendale può avere sulla stessa collettività o nel territorio in cui opera”. Si ritiene che debba essere fortemente connesso con il core business dell’impresa. La normativa, comunque, lascia ampia libertà alle imprese nell’individuare le proprie finalità di beneficio comune da indicare nello statuto, non obbligando le stesse a una connessione fra tali finalità e i soggetti verso cui sono rivolte.
Giuridicamente le SB, per assumere tale qualifica, aggiungono “intenzionalmente e consapevolmente” nel proprio Statuto il perseguimento di uno o più scopi di beneficio comune verso una categoria di stakeholder prescelta. Inoltre, sempre giuridicamente in virtù della caratteristica della trasparenza, devono annualmente redigere una relazione in cui vengono descritte le attività svolte per il perseguimento dello scopo di beneficio comune, la valutazione dell’impatto generato e l’individuazione di nuovi obiettivi da perseguire nell’esercizio successivo.
Per lasciare un mondo migliore alle prossime generazioni future è necessario che nel prossimo futuro gli imprenditori, non solo quelli più lungimiranti, cambino il loro modo di percepire il mercato, venendo incontro anche alle nuove esigenze emergenti sia nel sociale sia nell’ambiente che li circonda.
Chi anticipa questa nuova visione imprenditoriale, secondo leggi
di mercato, può avvantaggiarsi ottenendo un vantaggio competitivo e
reputazionale come pionieri di questo nuovo paradigma imprenditoriale.
La strategia di un riposizionamento dell’impresa verso la sostenibilità
contribuisce alla notorietà, al miglioramento dell’immagine,
all’incremento del valore del brand. Perché oggi i consumatori,
soprattutto i Millennials, sono sempre più attenti alle imprese
orientate alla sustainability disclosure, che realizzano buone
pratiche in materia di sostenibilità, e sono sempre più disposti a
pagare anche un prezzo più alto riconoscendo un maggior valore al
prodotto o servizio offerto da queste imprese. Ultimo, ma non meno
importante: essere più appetibili per il mondo della finanza, ormai
sempre più orientata a investire in progetti sostenibili non solo
economicamente, ma anche per la società e per l’ambiente.