- La società benefit e il diritto di recesso
La normativa della Società Benefit prevede che, nel perseguimento delle finalità specifiche di beneficio comune, gli amministratori gestiscano la società mediante bilanciamento dell’interesse dei soci con gli interessi degli stakeholders, ovvero delle categorie destinatarie dei benefici, conformemente a quanto previsto nello statuto. Una società già esistente, qualora decidesse di assumere la qualifica giuridica di società benefit, dovrà modificare lo statuto per integrare il suo oggetto sociale con le attività aventi finalità di beneficio comune.
- Criticità derivante dall’eventuale dissenso dei soci
Durante il convegno sulle Società Benefit, tenutosi presso l’Ordine dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili di Milano lo scorso 3 febbraio, sono stati affrontati alcune peculiarità e criticità della normativa Benefit. In particolare, con riferimento al diritto di recesso sono emerse considerazioni che fanno ritenere del tutto infondati i timori sul possibile ricorso al riconoscimento del diritto di recesso da parte dei soci dissenzienti grazie alle tesi esposte dal Professore Domenico Siclari, Ordinario di Diritto dell’economia dell’Università Sapienza di Roma, e dal Professore Carlo Bellavite Pellegrini, Ordinario di Finanza Aziendale dell’Università Cattolica di Milano.
Una delle difficoltà incontrate da numerose società nella scelta di diventare società benefit risiede nel timore che eventuali recessi possano destabilizzare patrimonialmente l’impresa. Nella prassi sono emerse delle criticità con riferimento all’eventuale riconoscimento del diritto di recesso ai soci dissenzienti nell’ipotesi di modifica dello statuto per “convertirsi” in società benefit. Si badi bene che non si tratta di vera e propria trasformazione, poiché la normativa benefit prevede solo di assumere una veste giuridica al già prescelto tipo societario tra quelli previsti dal Libro V e VI del c.c, secondo quanto statuito nel comma 377 dell’art. 1 della legge n. 208 del 2015. Inoltre, il comma 381 dispone che la responsabilità degli amministratori è quella prevista dal tipo societario prescelto.
Occorre premettere che, nell’attuale diritto societario sono disciplinate le cause di recesso (artt. 2437,2473,2532 c.c.), le relative modalità di esercizio e i criteri per la determinazione del valore della partecipazione (artt. 2437-ter, 2473 c.c.) e il relativo procedimento di liquidazione (artt. 2437-quater, 2473,2532 c.c.). La riforma del 2003, oltre a prevedere delle cause di recesso tassative (cambiamento dell’oggetto sociale o del tipo sociale, trasferimento della sede sociale all’estero), ha introdotto delle nuove fattispecie legali con possibilità di integrazione da parte dell’autonomia statutaria.
Pertanto, fondamentale è verificare se assumere la qualifica di società benefit per una società già esistente possa costituire una fattispecie legittima per il ricorso all’esercizio di ricesso in capo ai soci dissenzienti.
Ai sensi dell’art. 2437 comma 1 lett. a) c.c., nell’ambito delle S.p.a., hanno diritto di recedere, per tutte o parte delle loro azioni, i soci che non hanno concorso alle deliberazioni riguardanti la modifica della clausola dell’oggetto sociale, quando consente un “cambiamento significativo” dell’attività della società. Nelle S.r.l., invece, in base all’art. 2473 comma 1 c.c., costituiscono causa legale di recesso, da un lato il non aver consentito al cambiamento dell’oggetto sociale e, dall’altro, il compimento di operazioni che determinano una “sostanziale modificazione” dell’oggetto della società determinato nell’atto costitutivo.
- Concetti chiave del cambiamento/modifica
Con riguardo all’ipotesi di modifica formale dell’oggetto sociale sembrerebbe esserci una differente portata della possibilità di esercitare il diritto di recesso. Solo nell’ambito delle spa, infatti, il presupposto del recesso è espressamente vincolato alla necessaria presenza da un lato del dato formale della delibera di modificazione dell’apposita clausola statutaria e dall’altro del dato sostanziale della “significatività” del cambiamento che da tale modifica consegue nell’attività svolta dalla società. Nell’ambito della S.r.l., invece, il presupposto del recesso riconducibile alla modificazione dell’oggetto sociale sembra già sussistere con la mera presenza del dato formale della delibera modificativa della relativa clausola dell’atto costitutivo; a prescindere, dunque, da valutazioni sostanziali circa la significatività del cambiamento apportato.
Secondo parte della dottrina, anche con riferimento alle S.r.l., la modificazione della clausola dell’atto costitutivo relativa all’oggetto sociale dovrebbe considerarsi presupposto di recesso solo se accompagnata da un adeguato grado di significatività del cambiamento che deve notevolmente mutare le condizioni di rischio dell’investimento del socio dissenziente.
1.3 Ruolo strategico delle attività con finalità di beneficio comune
In via generale, l’introduzione di clausole benefiche nello statuto non è di per sé idonea a determinare un’alterazione del tipo sociale, né a pregiudicare la causa lucrativa: pertanto, l’introduzione delle ulteriori finalità di beneficio comune nello statuto della società che aspiri a essere riconosciuta come “benefit” non appare neanch’essa idonea ad apportare quelle modificazioni sostanziali che potrebbero legittimare il riconoscimento del diritto di recesso. Anzi, l’introduzione di clausole statutarie aventi finalità altruistiche possono integrarsi nella strategia del core business dell’impresa senza pregiudicare lo scopo di lucro proprio della società. Con la qualifica giuridica di società benefit si interiorizza, a livello legale, nello statuto lo scopo che è già immanente nell’attività di un’impresa modernamente concepita, che oggi è sempre più attenta alla sostenibilità ambientale e sociale, e si esteriorizza e formalizza all’esterno il perseguimento di tali finalità di beneficio comune.
È possibile affermare che, in tutti i casi in cui le nuove attività indicate si pongano come mere estensioni di attività già perseguite, ovvero siano presenti in nuce nell’attività già esercitata dalla società ovvero nelle deliberazioni programmatiche già assunte dalla società, la delibera di modifica dell’oggetto sociale con l’inserimento di finalità di beneficio comune che essa si intenda perseguire trasformandosi così in società benefit, non può mai perfezionare una causa di recesso ai sensi dell’articolo 2437, lett. a), c.c.
In presenza di una continuità sostanziale della volontà societaria nel perseguimento di attività con finalità di beneficio comune non vi può essere riconoscimento del diritto di recesso per i soci dissenzienti. Anche nei casi di carenza di continuità sostanziale nel perseguimento delle finalità di beneficio comune, la modifica dell’oggetto sociale non potrebbe comportare “un cambiamento significativo” dell’attività della società, ai sensi dell’art. 2437, comma 1°, lett. a), c.c., tale da legittimare il diritto di recesso, poiché l’Allegato 5 all’art. 1, comma 378, della legge n. 208 del 2015 fissa le “aree di valutazione” che lo standard esterno deve prendere in considerazione per attestare il positivo impatto dell’attività della società e che a loro volta sono già ricomprese in quella concezione “allargata” dello shareholder value che deve ispirare l’attività degli amministratori nell’ottica di assicurare condizioni di massima redditività dell’impresa.
Il riconoscimento del diritto di recesso potrebbe residuare quando effettivamente la modifica comporta un mutamento significativo nell’attività della società, ai sensi di quanto previsto dal codice civile, nel caso in cui si rifletta nelle condizioni di rischio dell’investimento; è proprio questa la ratio del diritto di recesso e, secondo un giudizio della Cassazione, non è prevista una analisi solo formale ma anche sostanziale di tale rischio.
1.4 Valorizzazione dell’investimento partecipativo e il “successo sostenibile”
Con riferimento al timore che eventuali recessi possano destabilizzare patrimonialmente l’impresa, si potrebbe asserire che, a livello finanziario, essere società benefit possa rappresentare una ulteriore opportunità di redditività dell’ investimento della partecipazione dei soci al capitale iniziale e non invece un rischio finanziario.
La relazione illustrativa al codice civile stabilisce che la ratio al riconoscimento del diritto di recesso risiede in tutte quelle situazioni di modifiche che possono aumentare il rischio per l’investitore alla sua partecipazione nel capitale della società comportando un innalzamento del rischio non prevedibile ab origne, ossia che alteri negativamente la prevedibilità dell’investimento finanziario che il socio aveva considerato nel momento in cui ha effettuato l’investimento. La “conversione” in società benefit, che incorpora i principi della sostenibilità, integrati anche con i criteri ESG (Environmental, Social and Governance), valorizzerebbe la partecipazione sociale e non aumenterebbe il rischio della partecipazione del socio. Basti pensare che la scelta di diventare società benefit è da considerarsi valore aggiunto che si concretizza nel valore reputazionale sul mercato, tale da attrarre nuovi investitori le cui scelte ricadono sulla presenza di attività aventi finalità di beneficio comune sia nel sociale sia per l’ambiente e il territorio. Secondo dati empirici derivanti dalle scienze aziendalistiche, la sostenibilità rappresenta un fattore ormai strategico nella gestione del rischio aziendale nel lungo termine e permette di ottenere vantaggi in termini di redditività, accesso ai capitali e aumento dei posti di lavoro, con l’attenzione al sociale e all’ambiente.
Questa assioma è rafforzato anche dal recente aggiornamento del Codice di Autodisciplina per le Società quotate emanato dal Comitato per la Corporate governance. La novità è rappresentato dall’attenzione alla sostenibilità e alla ricerca dello sviluppo sostenibile come obiettivo ultimo dell’impresa, motore della corporate governance e fonte di ispirazione per la politica di remunerazione aziendale e nel sistema di controllo interno e di gestione dei rischi. Agli amministratori indipendenti è richiesta una nuova conoscenza ed è attribuita una nuova competenza: quella di esaminare e valutare gli obiettivi ESG o performance non finanziarie nell’ottica del livello prescelto di esposizione al rischio, della creazione di valore di lungo periodo per azionisti e stakeholder, esprimibili sotto la formula “successo sostenibile”, cui legare una quota percentuale di remunerazione variabile. Le società che adottano il Codice lo applicheranno a partire dal primo esercizio che inizia successivamente al 31 dicembre 2020, informandone il mercato nella relazione sul governo societario da pubblicarsi nel corso del 2022.
Con un nuovo orientamento verso una shareholder value si può sostenere, pertanto, che non possa sussistere la ratio per il riconoscimento del diritto recesso a causa di un decremento dell’investimento. In ogni caso, l’azionista di minoranza viene tutelato dalle particolari maggioranze previste per le modifiche dell’atto costitutivo o dello statuto, ovvero è necessario il consenso di tutti i soci nelle società di persone ai sensi dell’art. 2252 c.c. ovvero l’attribuzione della competenza a deliberare sulla modifica dell’oggetto sociale all’assemblea straordinaria nella s.p.a., con l’applicazione delle maggioranze rafforzate ai sensi degli artt. 2365 e 2368 c.c., o dalla decisione dei soci nella s.r.l. ai sensi degli artt. 2480 e 2479-bis, comma 3, c.c.
Pubblicato su Altalex