L’istruttoria avviata dall’Antitrust su un noto colosso della moda low-cost riguarda possibili pratiche di pubblicità ingannevole e si concentra in particolare sulle affermazioni ambientali L’AGCM sospetta che l’impresa oggetto di indagine possa utilizzare comunicazioni sulle sue pratiche di sostenibilità in modo vago, confuso e fuorviante. Questo include asserzioni generiche sulla “circolarità” dei prodotti e sull’utilizzo di fibre “green”, senza informazioni chiare sulla riciclabilità effettiva degli abiti. Inoltre, viene evidenziato un presunto contrasto tra gli obiettivi dichiarati di decarbonizzazione e un aumento significativo delle emissioni di gas serra nei report di sostenibilità del 2022 e 2023 dell’azienda.[1]
Questa indagine sottolinea quanto sia cruciale la trasparenza e la veridicità delle dichiarazioni di sostenibilità. In un’epoca in cui i consumatori sono sempre più sensibili alle questioni ambientali e sociali, le imprese devono garantire che le loro affermazioni siano supportate da fatti concreti e verificabili. Dichiarazioni vaghe e non supportate non solo ingannano i consumatori, ma compromettono la fiducia nell’impegno ambientale del settore privato.
Il caso in oggetto rappresenta un campanello d’allarme per tutte le imprese, specialmente nel settore del fast fashion, affinché rivedano le proprie pratiche e comunichino in modo trasparente i risultati delle loro iniziative di sostenibilità. Le autorità di regolamentazione, come l’AGCM, svolgono un ruolo fondamentale nel garantire che le imprese non adottino strategie di comunicazione ingannevoli, promuovendo un mercato più equo e responsabile dal punto di vista ambientale ma anche sociale.
Nell’ambito dell’Unione Europea, sono stati introdotti due atti legislativi – la Direttiva (UE) 2024/825 e proposta di Green Claim Directive – per garantire che le dichiarazioni sulla sostenibilità siano affidabili, comparabili e verificabili, riducendo il rischio di greenwashing.
La Direttiva (UE) 2024/825 – Conosciuta come “Direttiva Empowering“, questa normativa mira a responsabilizzare i consumatori per la transizione verde migliorando la protezione contro le pratiche commerciali sleali e migliorando l’informazione. È entrata in vigore il 26 marzo 2024. La direttiva stabilisce il divieto di utilizzare “dichiarazioni ambientali generiche” che non siano supportate da evidenze verificate. A titolo esemplificativo, espressioni come “rispettoso dell’ambiente”, “ecocompatibile”, “verde”, “naturale”, “rispettoso degli animali” e “che salvaguarda l’ambiente” sono considerate “dichiarazioni ambientali generiche” e, in determinate circostanze, possono essere vietate.
Inoltre, la direttiva specifica che nell’Unione Europea saranno ammessi esclusivamente marchi di sostenibilità associati a sistemi di certificazione che siano stati approvati o istituiti da enti pubblici. Questa misura mira a garantire che le affermazioni di sostenibilità siano chiare, trasparenti e basate su criteri rigorosi, contribuendo così a una maggiore fiducia dei consumatori.
La proposta di direttiva sulla attestazione e sulla comunicazione delle asserzioni ambientali esplicite – Comunemente chiamata “Green Claim Directive“, questa proposta di direttiva è stata approvata provvisoriamente dal Parlamento UE il 12 marzo 2024. Attualmente, è in attesa di approvazione definitiva da parte del Consiglio dell’Unione Europea.
Queste iniziative legislative sono cruciali per garantire che le informazioni fornite ai consumatori riguardo alla sostenibilità siano trasparenti e basate su standard chiari, contribuendo così a un mercato più equo e informato sulle questioni ambientali.
Per garantire che le dichiarazioni ambientali (green claim) di un’impresa siano accurate e non espongano a rischi di ingannevolezza, è essenziale implementare una strategia con un programma strutturato di compliance proattivo che includa una serie di fasi chiave.
Fasi del Green Claim Compliance Program
- Monitoring normativo:
- Monitoraggio costante delle normative in materia di sostenibilità e green claims.
- Prevenzione di rischi legali attraverso un’analisi proattiva delle leggi in evoluzione.
- Green Claim Assessment:
- Valutazione del rischio legato all’elaborazione e diffusione delle dichiarazioni ambientali e sociali.
- Identificazione di possibili aree di vulnerabilità per evitare affermazioni fuorvianti.
- Valutazione della supply chain:
- Analisi degli impatti della catena di fornitura sui green claims.
- Verifica che i fornitori siano allineati agli impegni ambientali dichiarati dall’impresa.
- Gap Analysis:
- Confronto tra la situazione attuale dell’impresa e i requisiti normativi o standard di mercato.
- Identificazione di eventuali carenze o discrepanze nel processo di conformità.
- Training specifico:
- Formazione mirata per dipendenti e stakeholder sull’elaborazione e comunicazione di green claims.
- Diffusione della cultura della sostenibilità e dell’importanza della compliance.
Possibili strumenti da adottare:
- Policy e procedure chiare per la gestione delle dichiarazioni ambientali.
- Codici etici e Modello Organizzativo 231 che integrino aspetti ESG.
- Clausole contrattuali con fornitori e partner che includano requisiti ambientali.
- Sistemi di valutazione fornitori per assicurarsi che rispettino gli standard di sostenibilità.
- Compliance agreement con fornitori per garantirne l’adesione agli impegni ambientali.
- Clausole ESG nei contratti per rafforzare gli obblighi di sostenibilità.
- Monitoraggio continuo per aggiornare e migliorare il programma di compliance.
- Checklist e strumenti di revisione per verificare l’efficacia del programma e mantenere la conformità nel tempo.
Il Green Claim Compliance Program deve essere un processo dinamico, continuamente aggiornato per adattarsi a nuove normative e prassi del settore. Solo al termine di queste fasi sarà possibile diffondere green claims in modo sicuro, riducendo il rischio di pubblicità ingannevole.
[1] Fonte: https://www.agcm.it/media/comunicati-stampa/2024/9/PS12709