9 ottobre 2018 Pubblicato su WSI
Negli ultimi anni è di particolare interesse l’orientamento dell’economia verso la responsabilità sociale d’impresa, intesa come comportamento responsabile dell’azienda verso il territorio in cui opera. Si parla, dunque, di economia sostenibile in cui l’impresa non si focalizza solo sul proprio profitto ma orienta la propria attività verso valori etici, di tutela sociale e ambientale.
Ciò è la conseguenza di vari movimenti, fatti di reti e comunità, che si sono diffusi nel mondo per promuovere nuove norme e nuove forme di capitalismo. Dalla coalizione per il capitalismo inclusivo all’organizzazione del capitalismo cosciente, tali movimenti si formano con una missione: ispirare, educare e responsabilizzare le aziende a elevare l’umanità attraverso il business.
Occorre intraprendere un nuovo percorso per attivare energie positive e condividere idee innovative per il bene comune, per la cultura e per una società più consapevole. Il ruolo innovativo dell’impresa oggi è quello di, oltre a offrire beni e servizi, anche di saper dare e ricevere dal territorio attraverso una solida integrazione con la comunità sociale, e non solo creando ricchezza ma anche valorizzando storie e culture locali.
Negli ultimi anni si parla anche di impact investing; infatti il settore della finanza sembra interessarsi alle imprese ad elevato impatto sociale, misurabile e compatibile con un rendimento economico, il cui obiettivo è quello di creare strumenti e prodotti per reperire fondi, ma anche di qualificare e remunerare le imprese più meritevoli con l’obiettivo di avvicinare l’economia reale alla finanza.
Le organizzazioni che possono misurare l’impatto sociale creato sul territorio in cui operano possono essere non solo le organizzazioni non profit e sociali ma anche gli enti orientati al profitto. Si stanno diffondendo anche in Italia sulla sica dell’esperienza americana le cosiddette Società Benefit (SB), un nuovo status di enti for profit introdotte con la Legge di Stabilità 2016 su iniziativa del sen. Mauro Del Barba.
L’Italia è il primo Paese in Europa a dotarsi di uno strumento normativo nel settore. Negli ultimi due anni si è avuto un incremento di questa nuova tipologia di imprese; oggi le SB sono circa 168 e il 46% si concentra in Lombardia ed la maggior parte opera nei servizi e nella consulenza.
La società benefit è dunque uno strumento previsto dall’ordinamento giuridico italiano che consente all’impresa, oltre a massimizzare il profitto, a raggiungere anche uno scopo di beneficio comune così come fissato nel proprio statuto. Si tratta di un modello innovativo di fare impresa, che va ad integrare con la strategia di business la sostenibilità sociale e ambientale ma anche economica da perseguire nel lungo termine.
L’obiettivo è che il for benefit e la sostenibilità non siano più un’alternativa ma un nuovo modello di fare business, e la Società Benefit si pone come nuovo paradigma imprenditoriale che coinvolge i legami invisibili tra impresa, persone e territorio. È necessario far evolvere questi modelli innovativi di fare business perché solo con la condivisione di prosperità nel lungo termine si può auspicare un futuro migliore per le generazioni future.
Con questo strumento il management orientato alla sostenibilità ha la garanzia di poter bilanciare l’interesse dei soci a massimizzare il profitto con quello degli altri portatori di interessi, quali dipendenti, fornitori, clienti, Pubblica Amministrazione, comunità locale in cui si opera, di tutte le categorie che possano essere impattate dall’attività aziendale.
Il “beneficio comune” è da intendersi come il perseguimento di uno o più effetti positivi, o la riduzione di effetti negativi, che l’attività aziendale può avere sulla stessa collettività o nel territorio in cui opera. Il beneficio comune deve pertanto essere reale, tangibile e rispondere alle esigenze concrete della realtà in cui l’azienda opera e non può discostarsi dalla sua mission aziendale e dai suoi obiettivi. Si ritiene che debba essere fortemente connesso con il core business dell’impresa.
La normativa, comunque, lascia ampia libertà alle imprese nell’individuare le proprie finalità di beneficio comune da indicare nel statuto, non obbligando le stesse ad una connessione tra tali finalità e i soggetti verso cui sono rivolte. Prevalentemente l’essenza delle Società Benefit è quella di identificare effetti positivi o negativi generati dalla propria attività nella realtà in cui operano e agire sulle stesse in modo da creare un impatto positivo sia in termini economici sia in termini sociali e ambientali; è possibile anche avere generiche finalità di beneficio comune, quali ad esempio la crescita del benessere di persone e comunità, conservazione e recupero dei beni di patrimonio artistico e culturale del luogo in cui operano, o diffusione e sostegno delle attività culturali e sociali, di enti e associazioni che operano nei confronti della collettività e per il benessere sociale.
Ad esempio, per un’impresa alimentare il perseguimento del beneficio comune potrebbe avvenire impiegando nel ciclo produttivo materiali riciclabili o biodegradabili, utilizzando energie rinnovabili, approvvigionandosi da fornitori locali, promuovendo buone pratiche per una corretta alimentazione. Fondamentale è che, qualunque sia lo scopo di beneficio comune individuato, il suo perseguimento sia misurabile in termini di progresso sociale e ambientale e di efficienza economica.
Giuridicamente le Società Benefit, per assumere tale qualifica, aggiungono nel proprio Statuto il perseguimento di uno o più scopi di beneficio comune verso una categoria di stakeholder prescelta.
Inoltre, sempre giuridicamente in virtù della caratteristica della trasparenza, devono annualmente redigere una relazione in cui vengono descritte le attività svolte per il perseguimento dello scopo di beneficio comune, la valutazione dell’impatto generato e l’individuazione di nuovi obiettivi da perseguire nell’esercizio successivo. Tale relazione annuale deve poi essere resa pubblica nelle forme previste dalla forma giuridica propria dell’impresa (allegandola al bilancio da pubblicare nel registro imprese) e pubblicata nei siti web.
La legge non prevede uno specifico standard da utilizzare per la valutazione degli impatti, ma suggerisce la scelta di uno strumento che sia oggettivo, esaustivo, credibile ed efficace nella valutazione degli impatti. Inoltre, le Società Benefit sono tenute a individuare uno o più soggetti responsabili cui affidare funzioni e compiti volti al perseguimento delle finalità benefit.
Solo una società che rispetta questi requisiti può introdurre, pertanto, nella denominazione sociale, le parole “Società Benefit” o l’abbreviazione “SB” e utilizzare tale denominazione nei titoli emessi, nella documentazione e nelle comunicazioni esterne, pena sanzioni da parte dell’Autorità Garante.
Società Benefit: va cambiata cultura azienda
La mission delle Società Benefit è quella di contribuire allo sviluppo e al benessere collettivo creando impatti positivi per la collettività e per l’ambiente. Certamente questo è un percorso che richiede un cambiamento culturale interno all’azienda dove le singole persone giocano un ruolo essenziale al raggiungimento di un bene comune. L’orientamento futuro è quello di porre le esigenze dell’uomo, e non dell’economia, al centro del mercato.
Come affermava un giurista americano, E.M. Dodd, “le attività di impresa sono permesse e incoraggiate dalla legge perché sono un servizio alla società piuttosto che fonte di profitto per i suoi proprietari”.
Ciò ben si sposa con l’intenzione voluta dal legislatore italiano con l’introduzione delle Società Benefit nel nostro ordinamento, appunto perché le imprese che assumo la qualifica giuridica di SB sono caratterizzate dal duplice scopo di lucro e di beneficio comune.
Ci si auspica che nel prossimo futuro gli imprenditori cambino il loro modo di percepire il mercato venendo incontro anche alle nuove esigenze emergenti sia nel sociale sia nell’ambiente che li circonda. Per ora, solo chi anticipa questa nuova visione imprenditoriale può avvantaggiarsi ottenendo un vantaggio competitivo e reputazionale come pionieri di questo nuovo paradigma imprenditoriale.
Perché un riposizionamento strategico dell’impresa verso la sostenibilità contribuisce alla notorietà, al miglioramento dell’immagine all’incremento del valore del brand. Basti pensare che ciò è rafforzato dal fatto che oggi i consumatori, e soprattutto i Millenials, sono sempre più attenti alle imprese orientate alla sustainability disclosure, che realizzano buone pratiche in materia di sostenibilità, e sono sempre più disposti a pagare anche un prezzo più alto riconoscendo un maggior valore al prodotto o servizio offerto da queste imprese.
Ultimo ma non meno importante, essere più appetibili per il mondo della finanza ormai sempre più orientata a investire in progetti sostenibili non solo economicamente ma anche per la società e per l’ambiente.