Riconoscimento dell’autonoma iniziativa privata dei cittadini nello svolgimento delle attività di interesse generale, a favore non solo degli ETS ma anche della Società Benefit.
La sentenza 131/2020 della Corte Costituzionale del scorso 26 giugno ha riconosciuto il “valore costituzionale” della collaborazione tra Enti terzo settore e enti pubblici se fondata “sulla convergenza di obiettivi e sull’aggregazione di risorse pubbliche e private per la programmazione e la progettazione, in comune, di servizi e interventi diretti a elevare i livelli di cittadinanza attiva, di coesione e protezione sociale, secondo una sfera relazionale che si colloca al di là del mero scambio utilitaristico”.
Il valore riconosciuto all’amministrazione condivisa per il perseguimento del bene comune è, inoltre, sancito rispettivamente in due passi “fondamentali” della sentenza:
-in un punto in cui si afferma che “l’art. 55 del Codice del Terzo Settore (relativo alle modalità di attuazione della co-programmazione, della co-progettazione e dell’accreditamento) rappresenta una delle più significative attuazioni del principio di sussidiarietà orizzontale di cui all’art. 118, ultimo comma della Costituzione”; e
– nell’altro in cui, con riferimento sempre all’art. 118, ultimo comma della Costituzione sancisce che: “Nella suddetta disposizione costituzionale, (art. 118 della Costituzione) valorizzando l’originaria socialità dell’uomo, si è quindi voluto superare l’idea per cui solo l’azione del sistema pubblico è intrinsecamente idonea allo svolgimento di attività di interesse generale e si è riconosciuto che tali attività ben possono, invece, essere perseguite anche da una «autonoma iniziativa dei cittadini» che, in linea di continuità con quelle espressioni della società solidale, risulta ancora oggi fortemente radicata nel tessuto comunitario del nostro Paese”.
“Agli ETS, al fine di rendere più efficace l’azione amministrativa nei settori di attività di interesse generale definiti dal CTS, è riconosciuta una specifica attitudine a partecipare insieme ai soggetti pubblici alla realizzazione dell’interesse generale. Gli ETS, in quanto rappresentativi della società solidale, del resto, spesso costituiscono sul territorio una rete capillare di vicinanza e solidarietà, sensibile in tempo reale alle esigenze che provengono dal tessuto sociale, e sono quindi in grado di mettere a disposizione dell’ente pubblico sia preziosi dati informativi (altrimenti conseguibili in tempi più lunghi e con costi organizzativi a proprio carico), sia un’importante capacità organizzativa e di intervento: ciò che produce spesso effetti positivi, sia in termini di risparmio di risorse che di aumento della qualità dei servizi e delle prestazioni erogate a favore della società del bisogno”.
Con questa sentenza si rafforza, dunque, il ruolo fondamentale nella società civile degli Enti del Terzo Settore nel loro obiettivo di perseguire l’interesse generale della comunità in cui operano, promuovendo la partecipazione dei cittadini alla gestione di beni o servizi collettivi, nonché alla valorizzazione e tutela, mediante attività di interesse generale per perseguire il bene comune. Si comprende, pertanto, il perché gli ETS siano meritevoli di essere soggetti inclusi in forme di coinvolgimento attivo nella funzione pubblica, come ai sensi dell’art. 118 ultimo comma della Costituzione, di co-programmazione e co-progettazione secondo quanto previsto dall’art. 55 del Codice del terzo settore.
In un punto la sentenza 131/2020, afferma che “Agli enti che fuoriescono da tale perimetro legale non possono essere riferibili le medesime forme di coinvolgimento previste dall’art. 55 CTS: esiste una stretta connessione tra i requisiti di qualificazione degli ETS e i contenuti della disciplina del loro coinvolgimento nella funzione pubblica. Infatti, la originale e innovativa (nella sua attuale ampiezza) forma di collaborazione che si instaura mediante gli strumenti delineati dall’art. 55 CTS richiede, negli enti privati che possono prendervi parte, la rigorosa garanzia della comunanza di interessi da perseguire e quindi la effettiva “terzietà” (verificata e assicurata attraverso specifici requisiti giuridici e relativi sistemi di controllo) rispetto al mercato e alle finalità di profitto che lo caratterizzano.
Tale punto risulta importante da approfondire con riguarda ad un nuovo soggetto giuridico presente nel nostro ordinamento, ovvero la società benefit. Tale soggetto, pur essendo ente profit, presenta nel suo statuto, assumendo appunto la qualifica giuridica di società benefit , oltre allo scopo di massimizzare il profitto anche quello di perseguire delle finalità di beneficio comune.
L’obiettivo di tali enti profit è quello comunque di andare oltre la finalità lucrativa per integrare nella propria strategia aziendale anche la finalità del prendersi cura del bene comune e operando in modo responsabile, sostenibile e trasparente nei confronti di tutti gli stakeholders.
Vi sono nuove forme ibride di fare impresa, orientate non solo ai profitti ma anche ad attività di interesse generale che fanno emerge un “Quarto settore” nel quale l’impresa si riappropria del suo ruolo sociale in quanto non più mero strumento per perseguire la sola massimizzazione dei profitti ma anche strumento di risposta a bisogni nuovi o latenti della collettività, che molto spesso rimangono insoddisfatti per la difficoltà dello Stato a causa delle scarse risorse economiche di farvi fronte.
La fase necessaria risulta essere quella di transizione ad un sistema in cui l’intera società civile, e non solo lo Stato, si faccia carico del benessere collettivo e dei beni comuni, passando da un Welfare State a un Welfare generativo/sociale in cui hanno un ruolo fondamentale non solo gli Enti del terzo settore al fianco degli enti pubblici ma anche gli enti profit. Si rende, pertanto, necessario dare più spazio al principio di sussidiarietà di cui all’art. 118 della Costituzione ma in una versione più innovativa e allargata di c.d. sussidiarietà sociale o circolare, nel quale è richiesta una sinergia sistematica e permanente tra la sfera politico-istituzionale, la sfera imprenditoriale e la sfera della società civile.
Si tratta di un’innovazione sociale che richiede una necessaria cooperazione tra profit, non profit e enti pubblici, per condividere non solo mezzi ma anche fini, sia nella fase di progettazione sia nella fase esecutiva; si crea un’alleanza tra pubblico e privato nella realizzazione delle finalità di carattere collettivo. La società civile può prendersi cura del bene comune mediante attività benefiche non guidate da finalità lucrativa ma da una forma di libertà, solidale e responsabile, che ha come obiettivo la realizzazione non di interessi privati, bensì dell’interesse generale, inteso come tutto ciò che contribuisce alla pienezza dell’essere umano.
Ciò è rafforzato anche dall’art. 3 Cost. il quale statuisce che è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
Inoltre, occorre anche soffermarsi sull’espressione “cittadini, singoli e associati” “e loro formazioni” al fine di precisare che tale espressione annovera tra i soggetti della sussidiarietà anche quelli appartenenti all’ambito economico-imprenditoriale, pertanto anche un’impresa in quanto tale può essere soggetto parte attiva ipotizzata dal 4° co dell’art.118 Cost.
In dottrina, infatti, le società commerciali, di cui agli artt. 2247 e segg. c.c. sono considerate parte del fenomeno associativo di cui agli artt. 11 e segg. c.c. Sono da annoverare nella stessa categoria in cui sono ricomprese fondazioni e associazioni, anche se dotate di peculiarità rispetto all’oggetto (esercizio di attività economica) e alla finalità (il perseguimento dello scopo di lucro).
Inoltre, la Costituzione assegna alle imprese non solo il fine di lucro, ma anche altre funzioni declinate esplicitamente e potenzialmente al perseguimento «dell’interesse generale» ai sensi dell’art. 43 Cost. o altresì indirizzandone l’azione verso «fini sociali» come si evince dall’art. 41 u.c. Cost.
Dal combinato disposto tra quest’ultimo articolo e l’art. 118 4° co emerge una similitudine collegata all’iniziativa privata consentendo di applicare alla sussidiarietà i limiti dell’attività economica.
Ne consegue che le imprese in qualità di corpi intermedi, qualora diventino parte attiva nel perseguire attività di interesse generale, debbano poter beneficiare della stessa tutela prevista dal principio di sussidiarietà orizzontale, oltre che assumersi la relativa responsabilità.
Da questa considerazione discende che una Società Benefit, alla stregua dell’art. 118 della Costituzione 4°comma e di un principio allargato di sussidiarietà, non solo orizzontale ma circolare, possa considerarsi parte attiva nel perseguire un interesse generale (prendersi cura del bene comune) mediante le sue attività per il perseguimento di finalità di beneficio comune.
Ciò è rafforzato anche alla luce di questa sentenza nel punto in cui afferma “l’idea ormai superata per cui solo l’azione del sistema pubblico è intrinsecamente idonea allo svolgimento di attività di interesse generale e si è riconosciuto che tali attività ben possono, invece, essere perseguite anche da una autonoma iniziativa dei cittadini”.